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SEI ANNI DI CARCERE PER UN RADUNO: NE VALE LA PENA?

Con una discutibile operazione di distrazione giuridica, il Governo presenta per decreto una norma “anti rave”, che evidentemente rischia di colpire ogni raduno.

La nuova norma prevede che “l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a 50, allo scopo di organizzare un raduno” possa portare alla reclusione fino a 6 anni (6 anni!) quando dal raduno possa derivare “un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.

Leggiamo meglio: “terreni o edifici altrui, pubblici o privati”. In pratica vale tutto: campi e capannoni, ma anche piazze, scuole, università, luoghi di lavoro.

A stabilire quando in concreto c’è “un pericolo” sarà il Prefetto, che siamo certi agirà con buon senso, ma il compito del legislatore dovrebbe proprio essere quello di non dare origine a norme vaghe, con troppi margini di interpretazione, a maggior ragione quando è in gioco la limitazione della libertà personale.

Apprendiamo ora che il Ministro Piantedosi sta cercando di aggiustare il tiro, sostenendo di aver voluto colpire i soli rave. A parte il vago intento discriminatorio di una simile affermazione, resta il fatto che nella norma è scritto altro. E che l’interpretazione pur autorevole di un Ministro non cambia purtroppo il contenuto di una legge.

Ora, l’argine dell’art. 17 della Costituzione ci fa stare tranquilli: il diritto di riunione è salvo e impedirà interpretazioni sproporzionate di questa norma, ma restano da comprendere le ragioni alla base di una simile scelta, effettuata, simbolicamente, già nel primo Consiglio dei Ministri.

Perché delle due l’una: o il Governo ha voluto strizzare l’occhio alla parte più securitaria del suo elettorato, mettendo da parte le vere emergenze del Paese al solo fine di racimolare qualche voto; o, peggio, il Governo crede davvero che, ad esempio, i prossimi studenti che scenderanno in piazza per manifestare il proprio dissenso dovranno essere puniti con il carcere fino a sei anni. Una tesi che si commenta da sola: ne vale veramente la pena?