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A MILANO NON C’E’ OVERTOURISM, MA SERVE UNA STRATEGIA PER UN TURISMO SOSTENIBILE

Milano sta attraversando il suo momento d’oro sul fronte del turismo. Mai nella storia così tanti visitatori hanno scelto la nostra città. Al temine del periodo pandemico, si è assistito, in realtà, a una rapida crescita del turismo su tutto il territorio nazionale: per quanto riguarda Milano, a luglio 2023 si è verificato il record storico di arrivi in città, con 871.418 persone, corrispondenti ad un incremento del 33% rispetto al luglio del 2019, fino ad oggi l’anno migliore del turismo milanese. I dati di cui siamo in possesso prevedono peraltro che il trend di crescita sia destinato ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni.

Si tratta di una tendenza che bisogna accogliere con entusiasmo, senza però sottovalutare la complessità del quadro, poiché è del tutto evidente che un aumento esponenziale degli arrivi sollevi una serie di questioni a corollario, che si potrebbero riassumere nella necessità di rendere assimilabile, per la città, la presenza di un numero così elevato di persone.

È noto che altre importanti destinazioni turistiche del Paese stiano affrontando, in questo periodo storico, il fenomeno dell’overtourism e stiano studiando misure sperimentali per fronteggiarlo (si è molto parlato, ad esempio, della previsione dell’introduzione di un ticket di ingresso per la città di Venezia).

Milano è decisamente ancora lontana da quel tipo di contesto: ma, considerata la costante crescita degli arrivi, sarebbe sconsiderato non sfruttare il margine temporale di cui si dispone per definire fin da subito una strategia che consenta di gestire (e di non subire passivamente) l’aumento del flusso dei visitatori.

La scommessa, infatti, è proprio quella da un lato di investire ancora nella capacità attrattiva della nostra città, perché ogni nuovo visitatore che sapremo convincere rappresenta una vittoria per la nostra collettività e per l’immagine di Milano. Dall’altro lato, sarà però necessario accompagnare questo percorso con politiche volte a limitare l’impatto sulla città dettato dall’incremento dei visitatori.

Serve, insomma, mettere in campo una strategia per un turismo sostenibile, che non trascuri i temi che emergono da un forte flusso turistico, ma che, d’altro canto, non ceda nemmeno alla tentazione di abbandonarsi a quelle posizioni, timorose e conservative (mi verrebbe da dire, da “decrescita felice”), che dipingono il turismo come un problema invece che come un’opportunità.

È in questa ottica che abbiamo deciso di intervenire con una rimodulazione dell’imposta di soggiorno, rivedendo verso l’alto coefficienti che erano stati definiti quando Milano non poteva ancora definirsi realmente una meta turistica.

Se la nostra città offre tanto ai suoi visitatori, allora è giusto chiedere agli stessi visitatori di lasciare in cambio qualcosa alla città, con la promessa di reinvestire i maggiori fondi nei servizi pubblici propedeutici alla promozione del turismo, primi fra tutti trasporto pubblico e sicurezza. Oltre che nella creazione di una piccola task force specificamente dedicata ad individuare e a perseguire gli ancora troppo numerosi episodi di evasione dell’imposta.

Dopodiché si fa quello che si può con gli strumenti che si hanno. E allora non possiamo che andare avanti a chiedere al Governo maggiore autonomia d’azione per gli enti locali sui temi dell’accoglienza turistica. Perché è un peccato, ad esempio, che a causa di un tetto massimo imposto da una legge nazionale, un’amministrazione come il Comune di Milano – che, è bene ricordarlo, versa ogni anno allo Stato, tramite i suoi cittadini, 20 miliardi di IRPEF e IRES, per ricevere in cambio solo 500 milioni di euro di trasferimenti – non possa assumersi la responsabilità di alzare l’imposta di soggiorno oltre i 5 euro per gli hotel di lusso (se una camera arriva a costare 2000 euro a notte, non mi sembrerebbe così sproporzionato chiedere, a chi prenota quella camera, un contributo alla città di 10 euro invece che di 5).

Proprio per questo, abbiamo appena presentato al Governo un emendamento alla bozza dell’imminente legge di bilancio, per chiedere l’elevazione di quel tetto massimo. Così come è un peccato che i nostri visitatori debbano attendere un taxi per ore e ore, perché il Governo si rifiuta di liberalizzare le licenze o, quantomeno, di incrementarne il numero. Così come è un peccato che il Governo non individui un modo per agevolare lo sfratto di chi non paga il canone d’affitto, con la conseguenza che molti proprietari di appartamenti, spaventati dal non avere rimedi giuridici adeguati in caso di insolvenza degli inquilini, preferiscano lasciare le proprie abitazioni sfitte o adibirle ad alloggio turistico, invece che darle in locazione agli studenti. Col risultato di alimentare un presunto contrasto tra turismo e diritto alla casa, che, in presenza di leggi nazionali appropriate ed efficaci, non avrebbe alcuna ragione di esistere.